In campo odontoiatrico è comune la tendenza a celebrare come grandi innovazioni del momento rivisitazioni (se non riesumazioni!) di vecchissime tecniche spesso totalmente abbandonate. Queste metamorfosi sfruttano l’effetto “rivitalizzante” del digitale, seppur applicato in maniera del tutto marginale e ininfluente.
È questo il caso degli impianti sottoperiostei (o juxta-ossei), desueta e criticatissima tecnica implantologica del passato basata sulla realizzazione “su misura” di griglie di titanio da appoggiare sulla superficie dell’osso al fine di sostenere protesi dentali nei casi di atrofia (carenza ossea). Questa tipologia di impianti è quella con il più alto tasso di insuccessi nella storia dell’implantologia tanto da essere stata bandita per le gravi conseguenza che arrecava. Ora, per il semplice fatto di essere realizzata (da grandi aziende anziché da artigiani) con una procedura “digitale” anziché “analogica”, lo stesso tipo di impianto è stato “resuscitato” con una sapiente operazione di marketing (vedi sotto); i motivi intrinseci dei pesanti insuccessi sono però rimasti gli stessi e tali rimarranno.
La “morale”: il marketing non “cura” i pazienti ma (come è giusto sia) gli interessi delle aziende.